Ombre Digitali: film cinesi di ultima generazione a Milano a marzo nel nostro Festival

Il titolo è quello della retrospettiva presentata al Festival di San Sebastián a settembre dell’anno scorso che riuniva numerosi titoli del cinema indipendente cinese degli ultimi dieci anni.

Con la curatrice della sezione Bérénice Raynaud, critica e storica del cinema, che segue il cinema indipendente cinese sin dagli anni ’80, ci incontriamo nella hall dell’hotel dove alloggiamo – come sempre le riunioni durante i festival sono difficili da fissare, frenetiche ma spesso molto efficaci.

Le propongo di portare la sezione o almeno una parte di essa a Milano, ne ho già parlato con la direzione di San Sebastián e per loro non ci sono problemi. Berenice accetta con entusiasmo.

La selezione dei film che segue (fatta con la sinologa Silvia Pozzi e Annamaria Gallone), non è facile. Le opere sono tutte straordinarie ed ognuna costituisce un piccolo ma importante segmento per capire la velocissima trasformazione della società cinese e del suo cinema.

Difficile fare una scelta ma al tempo stesso non è pensabile di portare tutti i film a Milano… Optiamo per prendere sette titoli ancora inediti in Italia, un criterio che ci libera da ogni indecisione e imbarazzo.

La selezione di film che proponiamo per Ombre Digitali vi porterà in un sorprendente viaggio nell’Altra Cina, nella non-assimilata e irrefrenabile vitalità della sua gente: le diversità culturali, linguistiche e architettoniche, la profonda discrepanza tra città e campagna, tra nuovi ricchi e per sempre poveri, l’ambivalente abbraccio della modernità, le amare dispute con i proprietari terrieri e la speculazione edilizia, la loquacità, insomma tutti quegli aspetti che da tempo hanno soppiantato lo stereotipo orientalistico del contadino nelle risaie o della sposa-bambina.

I film selezionati: il meta-documentario Fuck Cinema di Wu Wenguang (2005), uno dei pilastri del documentario cinese, profonda riflessione sull’etica del rapporto tra documentarista e soggetto e sulla “falsità” del mondo dell’entertainment.

I colloqui fissi dinnanzi alla videocamera dei clienti di un avvocato con i loro piccoli/grandi problemi ci restituiscono uno sguardo diretto sulla realtà cinese di oggi in The Other Half di Ying Liang e Peng Shan (2006).

In Meishi Street (2006) del polivalente artista Ou Ning e Cao Fei, un gruppo di residenti di Pechino protesta contro la distruzione pianificata delle loro case prima delle Olimpiadi. I registi hanno dato videocamere ai soggetti per catturare immagini esclusive del processo di sfratto.

Una coppia senza speranze per il futuro compra una bambina che ha perso l’uso delle gambe a causa di una malattia per mandarla a mendicare per la strada in Little Moth di Peng Tao (2007).

Amore over 90 nel documentario della regista Yang Lina, The Love of Mr. An (2008), che segue il suo soggetto per anni.

Tutta la trasformazione della società cinese e il gap tra le generazioni nelle conversazioni a tavola in casa della famiglia della regista Liu Jiayin nel pluripremiato Oxhide II (2009).

Un uomo senza scrupoli lotta per la sopravvivenza a Pechino in The High Life di Zhao Dayong (2010).

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