Mini-recensioni: Meishi Street

Iniziano una serie di post con dei brevi commenti ai film del Festival realizzati dai ragazzi del COE che ne hanno curato la sottotitolazione, con il coordinamento di Laura Notaro. Partiamo con un film della sezione Ombre Digitali, Meishi Street di Ou Ning.

Un progetto delle autorità locali inteso a migliorare la viabilità del centro in vista delle Olimpiadi trova sul suo percorso i negozi e le case dei residenti. Che fare? La soluzione è abbattere i vecchi edifici, sfrattarne i legittimi proprietari e trasferirli con la forza in anonimi palazzoni in cambio di un risarcimento ridicolo.
Ou Ning, in veste di regista, con questo documentario del 2006 esplora il tema a lui caro dell’urbanizzazione e dei repentini mutamenti delle città cinesi dovuti alla vertiginosa crescita economica.
Per farlo, si affida a Zhang Jinli, proprietario di un ristorantino a Meishi Street, la “via della città del carbone”, che si trova a sud-ovest di piazza Tian’anmen, nel cuore di Pechino.
Così in pochi mesi una fetta di Cina cessa di esistere: gli abituali punti di riferimento di una comunità che vive e lavora insieme si perdono e lasciano il posto a mattoni, terra, detriti e all’indignazione popolare scritta su manifesti e striscioni di protesta, che il vento dell’inverno spazza via insieme alla polvere e alle note delle vecchie canzoni.

(Martina Grimoldi)

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